Una vita e mezzo

aveva un diario; no, nascondeva un diario. Lo nascondeva, al riparo da tutto e tutti. Era segretamente poggiato all’interno dell’ultimo cassetto del suo comodino, ma lì aveva creato un doppio scompartimento — era la sua piccolissima cassaforte. Una piccola cassaforte, per piccole emozioni. E quel diario era la sua emozione — non era un diario qualunque, lo aveva interamente dedicato, era (fu) il diario per l’altra parte del suo cuore. Erano mesi che non lo apriva, erano mesi che l’aveva tenuto nascosto perfino a se stesso, ma quella notte, quando tutti dormivano ed il silenzio dell’oscurità nascondeva il suo folle gesto anche a sé stesso, lo prese. Prese il diario. Prese il suo diario!
Prese quel demone che nascondeva in casa, perché d’un tratto aveva sentito qualcosa riaffiorare quel giorno fra gli spazi interstiziali del suo corpo: l’ispirazione della fine. Aveva sentito quella ultima emozione crescergli dentro fino a rendergli la vita più intensa, più tenera, più gentile.
Ruppe la promessa. Si era ripromesso che non avrebbe scritto più, ma gli mancava un ultimo aforisma, un ultimo frammento, un’ultima scheggia fra le sue mani prima di chiudere l’ultima pagina.
Non lo faceva da mesi, aveva quasi paura di tenere in mano la penna e sporcare quell’ultima pagina che aveva volutamente lasciato vergine — non sapeva come finire, perché forse non voleva finire. 
Sarebbe stato il suo 54° aforisma. Non un aforisma d’amore, né di gioia, né di tristezza. Era di più. Era la conclusione del suo diario prima della grande conflagrazione, prima della grande ekpirosis. 
Era pronto? No. Voleva essere pronto? Nemmeno. Ma si fece coraggio. Un lungo, ansiogeno, cupo, malato respiro prima di posare la penna sul foglio — gli sembrò di posare le sue labbra sul suo corpo un’ultima volta — e scrisse, così:

54

Con te io non ho vissuto solo la mia vita, ho vissuto una vita e mezzo, perché sono stato parte della tua, perché mi hai fatto vivere di più. Grazie. Grazie, perché mi hai regalato una nuova vita, una vita più bella, una vita di più.


27 novembre 2015 – 27 novembre 2016,
¬∃xPx ∧ ∃x(φ) 

22 risposte a "Una vita e mezzo"

  1. Concludere, chiudere, ci vuole davvero tanto coraggio per farlo. Accettare una situazione e andare avanti fa sempre tanta paura.
    Leggere queste tue parole mi ha fatto commuovere, le emozioni scappano via ogni volta che ti leggo.
    Un abbraccio e un sorriso,
    s.

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  2. Bisogna trovare il coraggio di andare avanti. Il tessuto della nostra anima, ma anche la nostra corporeità sono fatti di ricordi (la nostra espressione, le nostre rughe, i nostri sorrisi, i nostri pensieri). Quando chiudiamo per sempre un diario, in realtà ce lo portiamo dietro. Per sempre noi siamo e saremo il nostro vissuto, le nostre emozioni, i nostri ricordi.

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  3. Un diario…che emozione…Tutti l’abbiamo avuto e ben nascosto. Ma arriva il momento di mettere la parola fine….e leggo che qui è arrivato…..si sta salendo uno step della vita e quanti altri ancora bisognerà salire e rinunciare non solo al fedele amico diario, ma a ben altro….Molto bello e emozionante e suggestivo questo tuo racconto. 🙂

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      1. no eh!!! no, no, no!!!! Non facciamo scherzi da prete, Ekpi’ … Non te lo consento. 😥 …. 😥 Resta, dai!

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      2. Ne troverai altri ^_^ . Credi che io oggi scriva le stesse cose che scrivevo 5 anni fa (non qui)? Naaaaa… Si cresce e il blog cresce insieme a noi, cambiamo insieme.
        Abbiamo sempre nuove emozioni di cui scrivere, no? 😉
        Dai… ^_^ resta… ^_^ …

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      3. Sì, tu hai ragione e infatti non sei la prima a dirmi di restare. Però mi sento i polsi legati, quasi come se non potessi più scrivere di ciò che provavo prima…

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      4. Fermati un po’ se non te la senti, ma senza chiudere il blog. A febbraio scorso avevo chiuso il mio. Ma lo scrivere le mie sciocchezze mi mancava da morire, così ho riaperto e ho dovuto ricominciare tutto da zero.
        Non chiudere, scoltami… 😉

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