Al prezzo della solitudine

Ne sentivo l’esigenza, sentivo l’esigenza di essere diverso. Ma la diversità non sarebbe caduta tra le mie braccia, tra le mie arterie, tra le mie ossa come un dono — sarebbe stata sofferta, dolorosa, patita, pentita. Sì, me ne sono pentito — la diversità sarebbe stata conquistata pagando un amaro prezzo: al prezzo della solitudine. Ma fu una trappola, perché la solitudine portava con sé verità e verità fu che quel giorno la vita scorse più lentamente, più opaca, più autoreferenziale — che cos’è, ognuno di noi, se non la vita che glorifica se stessa?
Ma qui stava la trappola di una solitudine che non esitava a diventare sola sempre più sola: io, solitario, ero un’offesa alla vita stessa — perché non aprivo nuove possibilità, perché ero un atto finito; chiusura esistenziale — ero chiuso esistenzialmente, fuori da ogni posto, fuori di me. Raggiunto da pochi, da quei pochi che sanno essere nessuno come me. 

Fuori e basta, fuori di testa.


∃x(φ)

17 risposte a "Al prezzo della solitudine"

  1. Questa mattina mentre parlavo della mia solitudine cosmica alla psichiatra che mi cura presso il centro psico sociale, dove mi reco periodicamente per le visite di controllo, lei mi guardava smarrita perché aveva esaurito le parole.

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    1. Pure io ho conosciuto un percorso psichiatrico e mi son fatta una mia idea, anche vivendo qua in un paese dove condivisione e solidarietà non sono parole astratte.
      A volte un abbraccio, un ascolto affettuoso, un gesto ( mio marito ed io abbiamo fatto un incidente con la macchina e si son offerti di accompagnarmi fuori paese) valgono 1000 volte più di parole, analisi, diagnosi ect.
      Mi son abituata a vivere nella solitudine con la compagnia di mio marito, certo, ma lontano dagli affetti.
      E’ la nostra umanità che va salvaguardata. Se hai piacere puoi scrivermi…ok?

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      1. Ciao Marzia. Innanzitutto grazie per la tua attenzione. Io vivo in un piccolo paese sprofondato nella nebbiosa e cupa provincia di Pavia dove,purtroppo, esiste un’isolamento feroce. Ognuno per sé e nessuno per gli altri. Abito in una palzzina con quattro apprtamenti, uno è occupato da una famiglia milanese che viene solo qualche fine settimana in estate. Gli altri condimini residenti non sanno nemmeno se esisto e li vedo esclusivamente quando li incontro per caso sulle scale. Il paese conta poco più di tremila abitanti, tutti fantasmi che la mattina escono per lavorare e tornano la sera. Qui la solitudine avvolge come la nebbia che non permette di vedere a un metro dal naso.

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      2. Mia cara, ho un vissuto travagliato, ma da 6 anni ho scelto di vivere tra 350 abitanti, ma qua ha vissuto, molto stimata, la famiglia di mia suocera e perciò ho conosciuto solo ora solidarietà e condivisione.
        Se mi commenti, lasci da me il tuo indirizzo ( come capita in WP); se vuoi, ti scrivo in pvt e mi parli di te meglio.
        Se hai piacere…

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      1. Richiede tempo e come tu dici, dolore, fatica, a volte pentimento. Ma credo fermamente che sia il prezzo da pagare per provare a vivere davvero. Non credo che la solitudine porti necessariamente autoreferenzialità e chiusura, però ecco, quella frase di Nietzsche mi piace, mi fa pensare che la vera compagnia è quella che rispetta la tua solitudine, non la “riempie” ma le dà un senso diverso. Bello il tuo post che suscita un sacco di riflessioni 🙂

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  2. Bella… Io adoro la mia solitudine e una delle frasi che preferisco é questa “La mia solitudine non dipende dalla presenza o assenza di persone; al contrario, io odio chi ruba la mia solitudine, senza, in cambio, offrirmi una vera compagnia.” di Nietzsche.
    Un abbraccio 😊

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      1. gia… e li bisogna assecondarsi… non chiudersi, ma stare un po con se stessi… prima di stare bene con gli altri, si deve trovare equilibrio con noi stessi… ma per poi tornare alla luce…

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